Istat: rischio povertà più elevato per le famiglie con figli

E’ noto che con l’attuale crisi economica si sta verificando una generale diminuzione del livello del tenore di vita, con un numero via via più elevato di famiglie spinte verso situazioni di povertà. Tuttavia quest’ultima, secondo i dati statistici, non colpisce le famiglie in modo uniforme, ma si fa sentire maggiormente nei riguardi dei nuclei con figli.

L’Istat ha recentemente pubblicato (17/07/2013) un report dal titolo “La povertà in Italia”, riferito al 2012 (http://www.istat.it/it/archivio/95778). Da tale resoconto emerge che in media l’12,7% delle famiglie è in condizione di “povertà relativa” (per un totale di oltre 9,5 milioni di persone) e il 6,8% lo è in termini assoluti (4,8 milioni)1. Tuttavia osserviamo come tali percentuali aumentino riguardo ai nuclei familiari con figli minori. L’incidenza della “povertà relativa” per i nuclei con uno, due e tre o più figli minori arriva rispettivamente al 15,7%, 20,1% e 28,5% (nel 2011 13,5%, 16,2% e 27,8%); quella della “povertà assoluta” rispettivamente al 7,1%, 10% e 17,1% (nel 2011 5,7%, 5,8% e 10,9%)2.

Particolarmente significativo appare inoltre il confronto di tipo storico. Sempre secondo l’Istat, nel 1980 nel passare da un nucleo di due ad uno di tre componenti (sostanzialmente la coppia con il primo figlio) l’incidenza della “povertà relativa” scendeva dal’8,9% al 3,4%, per poi andare al 6% con quattro componenti e 13,8% con cinque componenti (media nazionale 8,3%); nel 2012 si passa dal 10,8% del nucleo di due membri rispettivamente al 15,9%, 18,1% e 30,2% (media nazionale 12,7%)3.

I nuclei con figli paiono essere dunque quelli maggiormente penalizzati dalla crisi, e probabilmente ciò accade perché essi lo erano anche prima della crisi.

Secondo la Costituzione italiana (art. 31) “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.” Tuttavia ciò che le famiglie quotidianamente sperimentano è che invece lo Stato non sia poi tanto generoso verso i nuclei che crescono i figli, non sostenendo a sufficienza la maternità e la paternità.

In Italia vi è una palpabile carenza di adeguate politiche fiscali a favore della famiglia, il che ha il suo peso nella situazione sopra descritta. Si ha l’impressione – e non da oggi – che nel nostro paese, nonostante la chiarezza del dettato costituzionale, i figli non siano visti dai rappresentanti delle istituzioni pubbliche come una risorsa, quanto piuttosto come un evento privato a cui eventualmente si possa dare un qualche aiuto. Ciò spiega la sostanziale assenza dell’equità fiscale orizzontale (vale a dire una congrua diminuzione dell’onere fiscale in relazione ai carichi familiari). Basti pensare che nel 2001, dopo quasi trent’anni di vigenza dell’Irpef, la detrazione per un figlio a carico aveva raggiunto la modesta cifra di 25 euro al mese (attualmente siamo a circa 60 euro al mese)4.

Per i lavoratori dipendenti anche gli assegni familiari, pur se relativamente importanti, non consentono di dare una decisa svolta a tale situazione: una famiglia con reddito complessivo da 40.000 euro (lordi Irpef) e due figli minori percepisce un assegno mensile per il nucleo familiare di circa € 75 euro, decisamente pochi per i bisogni effettivi da coprire.

Si ricorda che il tasso di sostituzione demografico (cioè il tasso di fecondità femminile5 che garantisce il pareggio del ricambio generazionale) si attesta sul valore di 2,16. Ma in Italia il tasso di fecondità femminile è pari al 1,39% (2011)7.

I figli, pertanto, non sono mai una questione solo privata. Un’ordinata demografia significa una costante ed ordinata domanda aggregata di beni e servizi, con stabilità di crescita del Pil, sostenibilità del sistema pensionistico, ricambio ed innovazione tecnologica e sociale, oltre a tutta la ricchezza relazionale aggiuntiva.

Rispetto ad una gestione dell’aiuto pubblico alla famiglia assai discutibile abbiamo, in controtendenza, tutta l’azione del Forum delle associazioni familiari8, che, ispirandosi ai principi di dottrina sociale della Chiesa, da vari anni sta lavorando per un miglioramento di tale situazione.

Occorrerebbe pertanto una decisa inversione di rotta, attraverso una riforma complessiva del sistema dei bonus fiscali e parafiscali per i figli a carico, che alleggerisca in modo sostanziale l’onere fiscale all’aumentare dei carichi familiari, possibilmente tarando il prelievo Irpef non tanto sul reddito nominale, com’è oggi, ma su un reddito ponderato che riesca meglio ad esprimere il tenore di vita familiare (es. quoziente familiare).

Investire sui figli diventa cruciale, specie in questo periodo di crisi9. Si sente parlare più di aiuti alle imprese piuttosto che di aiuti alla famiglia; ma poi chi comprerà i prodotti delle imprese se le famiglie sono allo stremo?  

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1Povertà relativa e povertà assoluta sono calcolate in riferimento a determinate soglie di consumo. In particolare, la povertà relativa individua i nuclei “relativamente” poveri rispetto a tutti gli altri, cioè quelli che – nel 2012 – avevano consumi mensili inferiori a € 991 per un nucleo di due componenti (€ 1.615 se di quattro componenti); la povertà assoluta invece individua i nuclei che non possono permettersi un paniere di beni e servizi considerato essenziale ad uno standard di vita minimamente accettabile (cfr. Volume Istat Metodi e Norme, “La misura della povertà assoluta” del 22 Aprile 2009, http://www.istat.it/dati/catalogo/20090422_00/; cfr. ISTAT, La povertà in Italia, Statistiche Report, 17 luglio 2013, Roma, pag. 12).

2Da notare il consistente incremento, rispetto al 2011, per i nuclei con due figli quanto alla povertà relativa e per i nuclei con due e tre figli quanto alla povertà assoluta.

3Si specifica che tale statistica è riferita al n. di membri e non fa necessariamente riferimento alla presenza di figli minori, cfr. ISTAT, http://seriestoriche.istat.it/index.php?id=7&user_100ind_pi1[id_pagina]=29&cHash=bc06ca5ca90a0d5412f5b79204f42c6d

4Per il primo figlio e per una famiglia con reddito da 40.000 euro annui (lordi Irpef).

5Il numero medio di figli per donna.

8Per un approfondimento su una riforma dell’Irpef si veda il documento del Forum “Fisco – Il Fattore Famiglia” .

9Su tale argomento cfr. il pensiero del prof. Ettore Gotti Tedeschi, tra l’altro in http://www.rassegnastampa-totustuus.it/modules.php?name=News&file=print&sid=5441 oppure in http://www.meetingrimini.org/detail.asp?c=1&p=1&id=10036&key=0