Anche in Umbria arriva la fecondazione eterologa

Con sentenza n. 162 depositata il 10/06/20141 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del divieto di fecondazione eterologa, previsto dalla legge n. 40/2004 sulla fecondazione artificiale2. Tale tecnica prevede che la fecondazione umana venga realizzata con il contributo di un seme esterno alla coppia. Oltre alle problematiche tipiche della fecondazione artificiale3, la modalità eterologa apporta ulteriori elementi critici, introducendo volutamente nel nucleo familiare la presenza di un genitore biologico esterno alla coppia. La sentenza della Corte Costituzionale appare discutibile in più punti; in particolare:

– nelle proprie motivazioni i giudici non chiamano mai in causa l’art. 30 della Costituzione4 (ossia quello che riguarda gli obblighi dei genitori verso i figli) relativamente al rapporto tra il figlio dell’eterologa ed il fornitore del seme esterno alla coppia. Tale lacuna è funzionale alla produzione di un soggetto che viene fin dall’inizio reso orfano di uno dei due genitori biologici: tutto ciò a dispetto degli artt. 2 e 3 della Costituzione5, il cui significato viene invece invertito e strumentalizzato a favore della sentenza. Ci si chiede come tali formulazioni possano convivere con il concetto dell’art. 29 Cost. sulla famiglia come “società naturale”;

– del tutto non condivisibile appare la lettura che la Corte dà al fatto che il figlio avrà un patrimonio genetico in parte esterno alla coppia, affermando che la stessa cosa si verifica nel caso di adozione, le cui premesse ed i cui fini sono totalmente differenti;

– anche l’ulteriore motivo riguardo al disagio psicologico del nascituro in ordine alla non conoscenza delle proprie origini viene liquidato ritenendolo un argomento meno forte del “desiderio incoercibile” dei genitori di avere un figlio, e sostanzialmente ricordando che, sulla base di altre norme già vigenti, non può esistere un diritto assoluto all’anonimato di colui che fornirà il seme esterno alla coppia, senza tuttavia specificare il grado di protezione di tale anonimato.

La sentenza sembra insomma voler in qualche modo sovrapporre adozione e fecondazione eterologa, ma i due istituti sono sostanzialmente diversi: la prima mira a sanare uno squilibrio già esistente, dando una famiglia ad un bambino che ne è rimasto privo, mentre la seconda produce uno squilibrio per assecondare un desiderio. In effetti la fecondazione eterologa si differenzia dall’adozione soprattutto per due punti importanti: 1) asimmetria biologica tra i membri della coppia; 2) trasformazione in diritto di un mero desiderio (per quanto quest’ultimo possa essere buono in sé) in danno ai diritti del nascituro. Quanto al primo punto con la fecondazione eterologa avremo che all’interno della coppia soltanto un membro sarà effettivamente genitore biologico, mentre l’altro lo sarà solo dal punto di vista legale. Per quanto si possa tentare di far passare come “accettabile” tale situazione (in quanto desiderata proprio da coloro che richiedono l’utilizzo di tale tecnica riproduttiva), in realtà tale asimmetria mina in profondità le relazioni all’interno della coppia, facendo apparire uno dei due partner (colui che non è genitore biologico) come “inferiore” rispetto all’altro; costui potrebbe avere notevoli difficoltà ad accettare il lavoro di cura ed educazione di un figlio non proprio, del quale magari non si accettano i difetti. Tali conseguenze sono tutt’altro che eventualità, come dimostrano alcuni recenti casi di cronaca6: dal punto di vista relazionale la fecondazione eterologa contribuisce alla divisione tra i membri del nucleo. Curioso poi che, mentre nel caso di adozione gli aspiranti genitori debbano passare attraverso una selezione piuttosto impegnativa fatta di colloqui con giudici minorili e consulenti psicologici, tutto questo venga bypassato nel caso di fecondazione eterologa7. Quanto al secondo punto, giova ricordare la formula usata dai giudici per legittimare la propria scelta, e cioè la considerazione che il desiderio di avere un figlio sarebbe “incoercibile”: ciò giustificherebbe la trasformazione del desiderio in diritto. Ma allora divengono leciti, in linea teorica, pure il commercio di embrioni, la maternità surrogata ed altre pratiche non rispettose della dignità umana: perché ci si dovrebbe fermare pur di raggiungere l’obiettivo? In realtà le leggi (lo ius) non servono per trasformare i desideri in diritti, ma solo per accordare i membri della comunità nel percorso verso il bene comune, secondo gli orientamenti fondativi del patto sociale. Tra questi la dignità umana occupa un posto fondamentale nella nostra carta costituzionale: la sua tutela dovrebbe tenere conto dei noti princìpi di ragionevolezza, precauzione e bilanciamento di interessi. E’ evidente come tutto ciò sia stato stravolto dalla sentenza in esame, la quale invece, con la predetta formula del desiderio “incoercibile”, crea un grave vulnus ai principi fondamentali del nostro sistema giuridico, con conseguenze imprevedibili8. La sentenza ha dato l’avvio ad una intensa discussione sul piano politico-istituzionale. La Conferenza delle Regioni ha predisposto delle linee guida unitarie9 in attesa di una normativa statale di settore. Con successiva seduta10 la stessa Conferenza ha ribadito il principio di considerare la PMA (sia l’omologa che l’eterologa) un LEA (Livelli Essenziali di Assistenza, cioè le prestazioni sanitarie minime che il Servizio Sanitario è tenuto a fornire, ndr), in attesa, come richiesto, del loro inserimento nel DPCM sui livelli essenziali di assistenza” e si è stabilito che il costo degli interventi sarà ricompreso tra i 1.500 ed i 4.000 euro, parte del quale sarà pagato dagli utenti come ticket (tra i 400 ed i 600 euro)11. La Giunta Regionale dell’Umbria aveva già deliberato di far accedere i richiedenti alle prestazioni in modo gratuito12. Anche tale ultimo aspetto suona come una provocazione ed una beffa sia nei confronti di tutti i contribuenti (che in momento di forte crisi, chiamati a grandi sacrifici per risanare le casse pubbliche, vedono somme sostanziose spese per interventi controversi e non salvavita), sia nei confronti della generalità degli utenti del sistema sanitario (chiamati a pagare ticket anche di non lieve importo per interventi effettivamente necessari per la tutela della salute), sia per coloro che affrontano il costoso percorso dell’adozione internazionale, i quali devono sborsare somme ragguardevoli per accogliere un bambino nella loro casa (si parte all’incirca dai 5.000 euro in su)13. La fecondazione eterologa ha maggior facilità di essere praticata ove sussista la garanzia dell’anonimato del fornitore di seme14. La Corte Costituzionale ha tuttavia ricordato – alla stregua delle norme in materie simili – che lo stesso anonimato non possa essere assoluto. Ad esempio, nel caso di adozione di minori l’adottato, compiuti i 25 anni, può chiedere di conoscere le proprie origini, ed il Tribunale dei Minorenni può autorizzare l’accesso a tali informazioni qualora le stesse non comportino il rischio di grave turbamento per il richiedente15. L’anonimato rappresenta una sorta di carburante per la fecondazione eterologa: le linee guida emanate dalle Regioni lo prevedono espressamente, con la specifica che ad esso si potrà derogare solo in caso di salute, e soltanto da parte del personale sanitario16. Ma la situazione reale è ben diversa: ad un certo punto il discorso sulle proprie origini emerge in tutta la sua problematicità (si veda “Alla ricerca delle origini, l’altra faccia dell’eterologa”, in “Avvenire” del 09/09/2014). Non possiamo non vedere anche in questo aspetto un’ulteriore discriminazione del figlio dell’eterologa, sempre più ridotto a oggetto di desiderio e sempre meno tutelato da parte di un diritto che tiene conto soltanto delle istanze dei forti. Senza tralasciare il fatto che con l’anonimato dell’eterologa aumenta il rischio (raro ma potenzialmente non impossibile) di relazioni tra consanguinei all’oscuro della propria condizione17. L’eterologa pare essere un tassello di un più ampio disegno. E’ facile vedere la connessione tra 1) il favore verso l’eterologa, 2) le pressioni di taluni sindaci che – contro la legge – stanno procedendo a trascrivere nei registri di stato civile alcune unioni omosessuali celebrate all’estero18, e 3) il disegno di legge Scalfarotto contro la c.d. omofobia19. Si tratta di un’unica strategia della potente lobby Lgbt (sostenuta da vari “poteri forti”) tesa a realizzare l’obiettivo del matrimonio gay con annessa “produzione” della prole, con riduzione al silenzio – mediante le sanzioni penali – di chi la penserà diversamente. Il “pensiero unico” (omologante e massificante, politicamente corretto, mediaticamente invasivo, che espelle la ragione dall’ambito della discussione pubblica) diventa così il prodotto e lo strumento principale della “dittatura del relativismo”, da cui già ci aveva messo in guardia il cardinale Ratzinger, e che mette in pericolo tutto il sistema democratico20. Il pensiero unico può oggi giovarsi di un’erronea concezione della libertà, della tolleranza e della misericordia (disgiunte dalla verità). In tal modo la dittatura del relativismo ha potuto registrare alcuni punti a favore. Ma tali parziali successi si stanno in realtà rivelando un boomerang: sempre più persone, credenti e non, si stanno interessando a tali questioni e stanno comprendendo la vera posta in gioco, senza con ciò negare il rispetto, l’accoglienza e la comprensione verso coloro che sperimentano delle sofferenze negli ambiti dell’affettività e della genitorialità. Nel cuore dell’uomo è iscritto il desiderio di verità, bontà, bellezza, carità, ragione (cioè, in una parola, di Dio). La storia ci ha insegnato che qualsiasi tentativo di soffocare tale desiderio e di calpestare la dignità umana è destinato a fallire.

Note:

 1 http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2014&numero=162 ; per alcuni commenti vedere anche http://www.giurcost.org/decisioni/2014/0162s-14.html

 2 La legge 40/2004 fu oggetto nel 2005 di ben quattro referendum che tentarono di snaturarne il contenuto. In quell’occasione fu evidente come la maggior parte degli italiani fosse contraria a modifiche della legge finalizzate ad allargare le possibilità di fare dell’embrione un oggetto di cui disporre liberamente, piuttosto che riconoscerlo come vero soggetto di diritti. Uno dei quesiti concerneva proprio l’abolizione del divieto di fecondazione eterologa, e fu quello che raccolse minori consensi (appena il 19,8% degli aventi diritto al voto). Un chiaro segnale di come il popolo italiano abbia desiderato cautela in una materia tanto spinosa, ove è evidente che il primo soggetto ad avere bisogno di tutela è il concepito, e pertanto il divieto dell’eterologa non era per niente incostituzionale, tenuto anche conto del parere del Comitato Nazionale di Bioetica del 22/06/1996 con il quale lo stesso Comitato “è pervenuto unanimemente a riconoscere il dovere morale di trattare l’embrione umano, sin dalla fecondazione, secondo i criteri di rispetto e tutela che si devono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persone”.

 3 Per ricordare le questioni fondamentali inerenti la fecondazione artificiale e la legge 40/2004 si può vedere http://www.laicocristiano.altervista.org/dottrina_sociale_magistero/vita_bioetica/inizio_vita/index_inizio_vita.htm

4 L’art. 30 viene citato una sola volta, richiamando nelle premesse i motivi di ricorso del Tribunale di Milano, ma in questo caso viene usato per ricordare che il matrimonio ha anche una finalità procreativa, cfr. Corte Costituzionale, Sentenza n. 162/2014, punto 2.2.

 5 “Art. 2 – La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 3 – Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” (Costituzione della Repubblica Italiana)

 7 Peraltro, mentre alla fecondazione assistita possono accedere anche coppie conviventi non sposate, nel caso di adozione è richiesto che gli adottanti siano “coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto. 2. I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare. (..) 4. Il requisito della stabilita’ del rapporto di cui al comma 1 può’ ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità’ e la stabilità’ della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto.” (art. 6, legge 184/1983)

 8 Se tutto deve piegarsi a tale desiderio incoercibile non è ozioso chiedersi, ad esempio, quanto potrà durare il diritto all’obiezione di coscienza previsto dall’art. 16 della stessa legge 40/2004.

 11 Con l’eccezione della Lombardia, che ha posto la spesa a totale carico degli utenti, nell’attesa che la prestazione venga eventualmente inserita nei LEA e quindi finanziata dallo Stato.

 13 Cfr. http://www.commissioneadozioni.it/it/i-costi-dell’adozione.aspx . Esistono contributi regionali per le famiglie per far fronte a varie esigenze, tra cui l’avvio di un percorso di adozione, di entità variabile tra i 300 e gli 800 euro, ma l’erogazione è condizionata al reddito Isee (che non deve superare i 15.000 euro, http://www.comune.perugia.it/articoli/interventi-famiglie-vulnerabili-2014). Sull’asimmetria dell’attenzione politica tra adozione e fecondazione eterologa si veda questo articolo su “Avvenire” del 21/09/2014: Corsia veloce per l’eterologa ma le adozioni restano al palo, in http://www.scienzaevita.org/rassegne/00cf6b0311d983784454b21c8761dced.PDF . L’associazione Scienza & Vita ha chiesto che se la fecondazione eterologa dovesse essere inserita nei LEA, allora lo stato dovrebbe inserirvi anche l’adozione, cfr. http://it.radiovaticana.va/news/2014/08/18/eterologascienza_e_vita_adozione_sia_a_carico_dello_stato/1104759

 15 “La legge sulle adozioni è stata modificata nel 2001 con la L. n. 149 che ha introdotto e regolamentato il diritto dell’adottato ad accedere alle informazioni sulle proprie origini. Ciò in attuazione della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 1989 e – più in particolare – dell’art. 30 della Convenzione dell’Aja del 1993 in materia di adozione internazionale, ratificata in Italia con L. 476/1998, la quale impone alle Autorità competenti di ciascuno Stato contraente di conservare con cura le informazioni relative ai minori adottati, assicurando l’accesso a tali informazioni nella misura e con le modalità previste dalla legge interna dello Stato. Oggi il minore ha diritto di essere sempre informato della sua condizione di figlio adottato. I genitori adottivi possono scegliere i “modi” ed i “termini” che ritengono opportuni per tale rivelazione, ma non possono sottrarsi a tale compito, che costituisce per gli stessi un vero e proprio dovere.” (http://www.professionisti.it/enciclopedia/voce/2565/Diritto-adottato-conoscere-proprie-origini)

 16 “Anonimato dei donatori e tutela della riservatezza – Ferma restando la regola di anonimato di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 191, e successive modificazioni, la donazione deve essere anonima (cioè non deve essere possibile per il donatore risalire alla coppia ricevente e viceversa). I dati clinici del donatore/donatrice potranno essere resi noti al personale sanitario solo in casi straordinari, dietro specifica richiesta e con procedure istituzionalizzate, per eventuali problemi medici della prole, ma in nessun caso alla coppia ricevente. L’accessibilità alla informazione sarà gestita informaticamente con il controllo di tracciabilità. I donatori/donatrici non hanno diritto di conoscere identità del soggetto nato per mezzo di queste tecniche e il nato non potrà conoscere l identità del donatore/donatrice. Eventuali modifiche introdotte alla disciplina dell’anonimato della donazione successivamente alla applicazione del presente documento dovranno comunque garantire l’anonimato ai donatori che hanno donato prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina. Le persone che partecipano a programmi di donazione dovrebbero essere certi che la loro riservatezza sarà rispettata.” (Dalle Linee guida della Conferenza delle Regioni del 04/09/2014, pag. 10, in http://www.regioni.it/it/show-2557/newsletter.php?id=2050&art=12902)

 17 Le linee guida delle Regioni prevedono che da un singolo donatore possano nascere fino a dieci figli.

 20 Numerose sono le prese di posizione del magistero ecclesiale contro il relativismo etico. Tra le altre citiamo S. Giovanni Paolo II, che al n. 101 dell’enciclica Veritatis Splendor paventò con visione profetica “… il rischio dell’alleanza fra democrazia e relativismo etico” (http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_06081993_veritatis-splendor_it.html), nonché il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, che al n. 407 individua “… uno dei rischi maggiori per le attuali democrazie nel relativismo etico” (http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_it.html).