• Home »
  • Altro »
  • In vigore l’obbigo di Pos per imprese, commercianti e professionisti

In vigore l’obbigo di Pos per imprese, commercianti e professionisti

Dal 30 giugno scorso imprese, commercianti e professionisti sono obbligati a dotarsi dell’apposita strumentazione per consentire ai propri clienti di poter pagare con carte di debito (es. bancomat) gli importi superiori a 30 euro. Si tratta di una disposizione normativa contenuta nel decreto legge n. 179/2012 (Decreto Crescita 2.0). Al momento l’obbligo riguarda l’accettazione delle sole carte di debito. Tuttavia già molti operatori sono in grado di accettare pagamenti con carte di credito e c’è da aspettarsi che, fra non molto, gli operatori si muniranno di Pos con tecnologia NFC (acronimo che sta per “Near Field Communication”), i quali consentono una transazione economica via onde radio tra due dispositivi appositamente predisposti, che vengono avvicinati a brevissima distanza, realizzando un pagamento “contactless”, senza contatto fisico tra il dispositivo del venditore e quello dell’acquirente (per quest’ultimo si tratterà sovente di uno smartphone con tecnologia NFC). Già alcuni operatori telefonici e bancari hanno predisposto dei “wallet” (ossia applicativi per portafogli virtuali installabili su smartphone) che consentono di dematerializzare le carte di pagamento e di effettuare le transazioni in modo più veloce, in modalità NFC. Tale sistema prevede inoltre che il pin possa essere digitato solo per importi oltre una certa soglia (es. 25 euro).

La disposizione normativa punta a favorire la riduzione del denaro contante in circolazione. L’utilizzo del contante, infatti, comporta due aspetti negativi e cioè 1) l’elevato costo per la gestione dello stesso da parte degli operatori pubblici e privati nonché 2) la maggior possibilità di realizzazione di economia sommersa e della connessa evasione fiscale.

Quanto al primo aspetto, occorre pensare a tutta una serie di oneri, a cominciare dalla stampa della carta moneta, alla sicurezza della produzione e del trasporto, alla distribuzione fino alle banche ed ai relativi distributori bancomat. A questi si aggiungono i costi palesi ed occulti relativi alla gestione del contante da parte di privati ed imprese (sicurezza, versamenti, etc.). La Banca d’Italia ha stimato1 in circa 8 miliardi di euro (circa mezzo punto di Pil) il costo sociale dell’utilizzo del contante nel nostro paese. Poter liberare tale mole di risorse, in questi tempi, sarebbe in effetti molto importante.

L’altro aspetto negativo dell’utilizzo del contante concerne il fatto che lo stesso consente la realizzazione di economia sommersa (il c.d. “nero”) e quindi l’evasione fiscale. La diminuzione dei pagamenti per contanti contribuirebbe sia ad aumentare il Pil, sia le entrate fiscali2. L’utilizzo del denaro elettronico e di altri strumenti che danno luogo alla piena tracciabilità dei pagamenti diviene dunque anche un deterrente all’evasione fiscale, la quale, pur se per sua natura sfugge a quantificazioni rigorose, è oramai stimata in volumi senz’altro superiori ai 100 miliardi di euro all’anno.

Tuttavia, la norma sull’obbligo dei Pos viene molto contestata dalle associazioni di categoria, le quali sostengono che il fisco dispone già degli strumenti per combattere il sommerso, e che tale disposizione produrrà soprattutto un aumento dei costi di gestione dell’attività professionale, a tutto vantaggio delle banche che sull’utilizzo dei Pos lucrano commissioni non irrilevanti. E forse anche per tale motivo il legislatore non ha per il momento corredato l’obbligo del Pos con eventuali sanzioni in caso di non installazione. Pertanto potremmo ancora trovarci in situazioni nelle quali l’esercente o il professionista non consentano l’utilizzo della moneta elettronica.

Evidentemente il legislatore preferisce produrre una cultura piuttosto che dettare un obbligo puntuale, sperando che si instauri una nuova mentalità nel cittadino (minor uso del contante) e che nel contempo il disagio del cliente per eventuali rifiuti dei pagamenti tramite bancomat induca progressivamente negli operatori l’esigenza di acquisire la strumentazione tecnica necessaria per la realizzazione delle transazioni virtuali. In quest’ottica ci troveremmo di fronte ad una strategia a tappe graduali mirante ad una consistente riduzione dell’uso del contante, per i fini sopra detti. D’altra parte tale norma è senz’altro in continuità con il divieto di effettuare transazioni in contanti sopra i mille euro, altra disposizione che perseguiva indubbiamente gli stessi obiettivi.

La riduzione del contante potrebbe tuttavia essere facilitata se si mettesse in cantiere un progetto più consistente, nel quale i principali attori coinvolti in tale processo – Stato e banche – mettano qualcosa sul piatto per favorire l’instaurarsi della mentalità favorevole all’utilizzo del denaro virtuale. In buona sostanza sarebbe opportuna una riduzione delle commissioni di gestione dei Pos, anche redistribuendo – almeno parzialmente – il risparmio realizzato dalle banche sul fronte dei costi di gestione del contante. In tale ottica anche lo Stato dovrebbe favorire, con appositi bonus fiscali, l’installazione dei Pos. Il decreto n. 51 del 14/02/2014 del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha previsto una maggior trasparenza e confrontabilità delle commissioni applicate sui pagamenti virtuali, con l’evidente fine di promuovere una concorrenza tra istituti che stimoli un ribasso dei costi delle transazioni.

Da parte nostra, come cittadini, conviene sempre di più abituarci ad utilizzare la moneta virtuale. Basti pensare, ad esempio, che oggi in Olanda non è più possibile neanche acquistare un biglietto del treno alla stazione senza denaro elettronico3. Da questo punto di vista è innegabile che, rispetto ad altri paesi sviluppati, l’Italia presenta ancora un forte gap nell’utilizzo della moneta virtuale.

Ma cosa accadrebbe se un cliente intendesse pagare con bancomat e l’esercente/professionista non lo avesse installato? Abbiamo detto che la norma non prevede al momento sanzioni. Pertanto, secondo talune interpretazioni, ci si troverebbe di fronte ad una situazione di onere piuttosto che di obbligo, con la conseguenza che la mancanza di Pos a fronte di una precisa richiesta del cliente produrrebbe la c.d. mora del creditore, figura giuridica senz’altro meno nota della mora del debitore. Invero la mora del creditore si realizza solo nel caso che l’offerta di adempiere venga effettuata in modo formale, mediante ufficiale giudiziario o notaio (art. 1208 c.c., art. 73 disp. att. c.c.); tuttavia la semplice offerta non formale è sufficiente per evitare la mora del debitore (1220 c.c.).

1Cfr. BANCA D’ITALIA, Il costo sociale degli strumenti di pagamento in Italia, novembre 2012.

2Il nesso tra diminuzione del contante e diminuzione del “nero” è ormai un dato acquisito: il Sole 24 Ore del 30/06/2014, ad esempio, riportava un’intervista al prof. Stefano Simontacchi nella quale si ricordava che un’università austriaca aveva stimato, in quel paese, che ad un aumento della tracciabilità dei pagamenti del 10% per quattro anni consecutivi aveva fatto riscontro un aumento del Pil pari al 5%. (Cfr. “Meno contante per combattere l’evasione”, intervista a Stefano Simontacchi, Il Sole 24 Ore, n. 177 del 30/06/2014, pag. 10).

3Cfr. Ibid.