11 Febbraio: Giornata del Malato
Qualche settimana fa si è celebrata la Giornata del Malato, istituita nel 1992 da Giovanni Paolo II, scegliendo come data l’11 febbraio, memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes.
Per chi è sano, la malattia è più o meno coscientemente considerata soprattutto come qualcosa di “scomodo”, un pensiero fastidioso su cui non soffermarsi troppo, giustificandosi con l’alibi del “perché pensare a cose brutte con tutto ciò che c’è di bello nel mondo”, fino ad arrivare alla superstizione vera e propria di chi crede che di certe patologie ci si possa ammalare solo a nominarle.
C’è in effetti nella nostra società la tendenza a relegare la sofferenza fisica ad ambiti privati, convinti che, come pensa un bambino molto piccolo, ciò che non si vede smetta automaticamente di esistere.
Per coloro che ogni giorno combattono con la malattia, in prima persona o al fianco dei propri familiari e amici, la malattia è invece un’entità molto concreta, fatta di dolore, ma anche di vergogna, di scoraggiamento, a volte di rimpianto per ciò che sarebbe potuto essere. Quando la malattia colpisce non risparmia nessuno: ricchi, poveri, persone famose, giovani, vecchi e, cosa che ai nostri occhi appare come un inaccettabile scandalo, persino bambini.
I malati ci costringono a porci domande profonde che mettono in discussione il nostro modo di pensare, a cominciare dalla più banale e forse più salutare di tutte: “E se succedesse anche a me?”
Già solo per questo motivo vale la pena secondo me iniziare a considerare la malattia non più come un fatto che riguarda altri, ma come una necessità di cui deve farsi carico l’intera comunità, soprattutto quella cristiana, che viene colpita in una delle membra che costituiscono il suo corpo.
La Giornata del Malato di questo 2013 ha avuto come centro la parabola del samaritano: un uomo si prende cura di un ferito incontrato lungo la via senza temere di sprecare tempo, denaro ed energie per uno sconosciuto. “Va e anche tu fa lo stesso” è un appello che viene rivolto a ciascuno di noi affinché prima di tutto ci adoperiamo per alleviare il più possibile le sofferenze di coloro che stanno male.
Oltre all’impegno concreto ci viene chiesta la condivisione della sofferenza con i malati, cosa che abbiamo cercato di fare in parrocchia nella Santa Messa del 10 febbraio, quando abbiamo pregato insieme ai malati per la guarigione di tutte le nostre infermità fisiche e spirituali. Per chi lo desiderava c’è stata la possibilità di ricevere il sacramento dell’Unzione degli Infermi: non si tratta di una “estrema unzione” conferita a chi si trova in punto di morte, ma di un aiuto concreto per tutti coloro che sono malati o anziani. L’Unzione con l’olio benedetto dona un conforto speciale per affrontare la propria condizione e permette di unire la propria sofferenza a quella di Cristo sulla croce, dando un significato, un senso, a ciò che umanamente ci sembra ingiusto e spesso inspiegabile.