Le dimissioni di Papa Benedetto XVI – Significato e prospettive future

Un inaspettato annuncio. «Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino […]Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro». Con queste parole il papa Benedetto XVI ha espresso la sua rinuncia, lunedì 11 febbraio, davanti ai cardinali riuniti in concistoro. Si è tanto parlato dell’aspetto personale e dei motivi che hanno portato a questa decisione; meno invece ci si è interrogati sulla realtà stessa del gesto e sulle conseguenze che esso innesca a livello di comprensione del ministero petrino e della Chiesa stessa.

La fine di un’epoca. La rinuncia di Benedetto XVI dall’ufficio di romano pontefice non deve suscitare un eccessivo clamore, essa è di per sé prevista dal Codice di Diritto Canonico al canone 332. Semmai è necessaria una riflessione attenta sul significato dell’atto in quanto tale e sulle sue implicanze, infatti si tratta di un evento che inaugura una situazione del tutto nuova nella storia della Chiesa contemporanea modificando equilibri consolidati da secoli, sia nella comprensione del ministero petrino, sia nella stessa dottrina ecclesiologica.

A nostro avviso la rinuncia del Papa segna la fine di un’epoca con la fine di un modello di Chiesa millenario inaugurato dalla Riforma gregoriana. In altre parole, l’atto di papa Benedetto XVI scinde la persona del Papa e il suo ministero. È dal tempo della lotta per le investiture, con lo scontro che ha opposto il papa all’imperatore, che la persona del Papa è stata portata in primo piano, per cui da vicarius Petri – vicario di Pietro – la persona del Papa diventa vicarius Christi – vicario di Cristo-, un capo visibile dunque che rende presente il capo invisibile, Cristo.

Rinuncia legittima. Con la rinuncia operata da Benedetto XVI, quella del Papa torna ad essere la funzione del vescovo di Roma. Per cui si avrà un vescovo emerito di Roma che non sarà più Papa, e un Papa che tale sarà perché vescovo di Roma, eletto in conclave proprio perchè il suo predecessore ha rinunciato al ministero di vescovo di Roma. Perché è stata possibile questa rinuncia? Di per sé l’atto di Benedetto XVI non costituisce affatto una novità. Già i suoi predecessori, Paolo VI prima e Giovanni Paolo II poi, avevano previsto l’eventualità di rassegnare le loro dimissioni in caso di incapacità grave a svolgere il loro ministero, anche se poi gli eventi hanno portato entrambi a non avvalersene. Benedetto XVI ha semplicemente deciso di avvalersi di una possibilità che i suoi predecessori non hanno usato.

Prospettive per il futuro. La Lumen Gentium (una delle quattro costituzioni del concilio ecumenico Vaticano II) al numero 23 afferma che «il Romano Pontefice è il perpetuo e invisibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi, sia della moltitudine dei fedeli in quanto entrambi costituiscono l’unico e solo Popolo di Dio». La rinuncia del Papa per il bene della Chiesa costituisce una ricezione dell’insegnamento più genuino del Concilio mettendo al centro il Popolo di Dio. Al primo posto torna la Chiesa, che è il Popolo di Dio, per il bene del quale ogni ministero gerarchico, anche quello petrino, deve essere esercitato. Ancora una volta l’insigne teologo ha dato la sua lezione di ecclesiologia e di cristologia, ma questa volta non da una cattedra universitaria, ma con un gesto che segnerà per sempre l’intera storia della Chiesa. Questo gesto inevitabilmente obbligherà i futuri pontefici a ricordarsi di essere sempre servus servorum – servo dei servi- , a rimettere in centro la radicalità evangelica, partendo dalle beatitudini vissute.

Per gli approfondimenti. Il testo integrale delle dimissioni del papa

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2013/february/documents/hf_ben-xvi_spe_20130211_declaratio_it.html