Disabilità ed handicap: un’occasione per discutere e riflettere

Lo scorso 22 maggio, nell’ambito della Festa della Madonna della Pace, ha avuto luogo l’incontro organizzato dal Comitato di quartiere Ponte d’Oddi Montegrillo dal titolo “Handicap e disabilità, la socialità dell’individuo”, in cui hanno partecipato Mirko Pompei (esperto di welfare) ed il prof. Gaetano Mollo (docente di Pedagogia all’Università di Perugia), coordinati dalla presidente del Comitato, Emanuela Caporali.

 Dopo una breve introduzione di quest’ultima, Pompei ha evidenziato la differenza tra disabilità ed handicap, definendo la prima come una riduzione e/o una perdita delle capacità funzionali, mentre l’handicap è una condizione di svantaggio sociale vissuto a causa della disabilità o anche di altre cause (difficoltà di apprendimento, di relazione, di integrazione lavorativa, etc.), a cui spesso conseguono forme di emarginazione.

Pertanto Pompei ha rivolto a Mollo le seguenti domande: 1) come si può aiutare colui che vive una condizione di svantaggio ad evitare il ripiegamento su di sé? 2) Quale può essere in tal senso il ruolo delle istituzioni (circoli,  partiti, parrocchie, etc.)?

 Mollo ha esordito facendo notare come una forma di disabilità funzionale può divenire motivo di potenziamento di una diversa abilità (es. il cieco che potenzia l’udito); da questo punto di vista ognuno di noi ha delle funzionalità sottoutilizzate ed altre con un grado di sviluppo superiore alla media. Già lo psicologo e pedagogo Howard Gardner parlava dell’esistenza nel genere umano (non di una ma) di più tipi di intelligenza, in grado di caratterizzare gli uomini per abilità differenti (matematica, linguistica, musicale, etc.). Da questo punto di vista, ciascuno è in condizione di svantaggio rispetto alle specifiche abilità che discendono da tipi di intelligenza diversi da quello prevalente nella propria persona (es. un artista può avere rilevanti difficoltà a risolvere un’equazione). In definitiva, occorre ricordare che la caratteristica delle persone è quella di essere ognuna diversa dall’altra.

 Avendo chiaro questo concetto, ecco che si può pervenire ad un disegno sociale complessivo finalizzato al superamento dell’handicap, mediante la costruzione di modelli di integrazione attraverso i quali ciascuno possa mettere al servizio degli altri la propria – pur piccola – abilità ed in tal modo divenire una parte di quel tutto che è la società.

 In tal senso diventa importante (ed ecco la risposta al secondo quesito) il ruolo delle istituzioni in un progetto come quello sopra abbozzato. Preso atto delle esigenze scaturenti dal territorio, i vari enti – secondo la loro conformazione e le loro competenze, nonché secondo la loro prossimità ai bisogni individuati – possono farsi carico di curare i processi di integrazione nel senso sopra detto, ricercando, nelle attività di cui si occupano, le modalità più opportune affinché ciascuno possa esprimersi secondo la propria prevalente abilità, pur se piccola: l’esempio proposto è stato quello di un soggetto che, sapendo soltanto battere a ritmo il tamburo, viene inserito in una banda musicale. In tal modo ogni minimo contributo non resta inutilizzato ma diventa occasione di integrazione sociale.

 A partire poi dalla differenza tra persone, Mollo ha inoltre sviluppato un altro tema. Se è vero che vi deve essere attenzione verso coloro che appaiono oggettivamente più deboli nel contesto sociale, è anche vero che bisogna rendere un giusto riconoscimento a coloro che sanno fare determinate attività in modo migliore. Qui sono state chiamate in causa l’etica e la meritocrazia: se la prima esige che si faccia il proprio dovere con impegno, dando sempre il meglio di sé (non facendo differenza il fatto che l’oggetto della propria attività sia di tipo manuale oppure intellettuale), la seconda comporta che vi sia una gratificazione – anche economica – alla maggior competenza dimostrata, prescindendo da affiliazioni e raccomandazioni. Diversamente operando, infatti, si otterrebbe lo svilimento e la mortificazione dell’impegno profuso e, conseguentemente, un indistinto grigiore nel panorama delle prestazioni professionali, soprattutto nel contesto pubblico.